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Hannes Lindemann il capitano che attraversò l’atlantico in kayak

Un’avventura degna di nota è senz’altro quella del capitano tedesco che attraversò l’atlantico con un kayak Klepper costruito in tela impermeabile e struttura di legno smontabile: misurava 6 metri per 0.95 di larghezza. Egli la dotò di una piccola vela e di un timone che poteva azionare tramite i piedi, così da non dover smettere di remare. Egli calcolò una permanenza in mare di all’incirca tre mesi e mezzo e cercò di stivare i viveri al meglio. 250 litri d’acqua, 220 chili di cibo e poca attrezzatura di rispetto oltre a carte nautiche, bussola e sestante: in tutto 600 chili.

Partì dalle Canarie il 3 giugno 1928. Tre mesi seduto, sempre seduto senza potersi muovere. La parte inferiore del corpo a contatto con acqua e umido, la parte superiore sotto un sole implacabile. Dopo il primo mese di traversata ebbe perso il suo ultimo cappello ed ebbe paura di poter impazzire a causa del sole sulla testa. Intanto a causa del caldo la tela del kayak si era ricoperta di alghe e piccoli organismi ed egli dovette numerosissime volte allontanare a colpi di remi i grossi pesci che si avvicinavano per mangiare.

Riuscì ad allontanare anche uno squalo colpendolo in testa! Arrivò a Saint Thomas, isola delle Antille, il 31 agosto del 1928 dopo 88 giorni di mare, completamente bianco di salsedine, 88 giorni della più sovrumana prova in mare, (pare addirittura più sovrumana di quella di Alain Bombard) mai sopportata volontariamente da un uomo. Riuscì vacillando a scendere sul molo e crollò. Fu condotto in un albergo dove dormì di “un sonno di morte” per 48 ore. Rimase ricoverato diverse settimane in ospedale, poichè le ulcerazioni alla parte inferiore del suo corpo non volevano guarire.

Ad ottobre volle ripartire in kayak verso New York, ma in stagione pericolosa e agli inizi di dicembre un terribile ciclone incrociò la sua rotta, Hannes era riuscito a sopravvivere fino a quel momento, ma non lo si vide mai più. Questo tentativo era forse una bestemmia nei confronti del mare, dopo quello che aveva passato. Rimane il fatto che queste imprese pongono sotto una luce brillante molto in alto l’energia umana e la caparbietà della sfida contro se stessi.

Gian Filippo Pellicciotta

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