Il termine Galeone indica le navi che verso la metà del XV secolo costituivano il nerbo della potente flotta del sovrano Filippo II di Spagna, e che per circa 150 anni dovevano rappresentare la nave da combattimento per eccellenza. Il nome di Galeone apparve per la prima volta negli “Annali Genovesi” del dodicesimo secolo: stava ad indicare una Galea minore, spinta da 60/80 remi, utilizzata con compiti di avanscoperta.
Il Galeone vero e proprio nacque nel corso del XVI secolo come evoluzione della Galea, allo scopo di utilizzare le qualità manovriere di quest’ultima per le nuove esigenze che erano state poste alle principali marinerie, dalle impegnative navigazioni oceaniche su lunghe distanze. Rispetto alla Caracca, la nave quattrocentesca per eccellenza, questo aveva proporzioni maggiori: lunghezza tripla rispetto alla larghezza, e questa doppia dell’altezza. La prua ricordava ancora quella della galea, ma il lungo sperone di quest’ultima si era trasformato, perdendo ogni funzione offensiva, per sostenere l’albero del bompresso, che era diagonale rispetto al piano dello scafo, ed anche sporgente. Le sovrastrutture di prua e di poppa diventarono altissime e racchiusero in se stesse due o più ordini di ponti. Il cassero di poppa era superbamente ornato con statue lignee e figure allegoriche, che si prolungavano talvolta fino all’altezza dell’albero maestro, posto a centro nave.
Il cassero inoltre, all’altezza del ponte di coperta, era munito di 8 o 10 portelli per i pezzi di artiglieria minore e altri 7 o 8 cannoni erano disposti sui cassetti virgola fiori del cassero. Il ponte più importante non era quello di coperta, dal quale pure avevano origine tutte le complesse manovre occorrenti al governo delle vele, ma quello immediatamente al di sotto di esso, chiamato primo ponte di batteria, nel quale venivano disposte le artiglierie più pesanti, con l’evidente scopo di favorire con una migliore distribuzione dei pesi, l’equilibrio in acqua dello scafo. Un galeone del XVI secolo misurava mediamente 40-42 metri di lunghezza circa di larghezza. I galeoni minori avevano tre alberi con velatura aumentata di conseguenza. L’albero prodiero di trinchetto aveva tre vele quadre, di cui l’inferiore era la più grande e serviva ad equilibrare “la gabbia”, ossia la grande vela dell’albero di maestra.
Quest’ultimo, il più alto, portava anch’esso tre vele quadre, mentre quello poppiero, la mezzana, al di sopra della vela latina triangolare, montava una “contromezzana quadra”. I galeoni maggiori avevano invece quattro alberi, di cui quello posto verso poppa, detto anch’esso contromezzana o bonaventura, era armato con vela latina. All’estrema poppa, infine, sporgeva una lunga asta orizzontale, buttafuori, che serviva a fissare le ccotte della vela latina, i cavi cioè che servivano ad orientare la vela nel senso orizzontale. L metà circa dell’intera superficie velica era rappresentata dal “gran trevo” o “gabbia di maestra” . Verso la fine del XVI secolo apparve sul bompresso la “controcivada” piccola vela quadra sostenuta da un alberetto tenuto in precario equilibrio, su di una piattaforma posta sul bompresso medesimo.
Le flotte francese, spagnola ed inglese ebbero nel Galeone l’unità da combattimento per eccellenza. Dalle note lasciate dal capo costruttore inglese Matthew Baker si hanno preziose informazioni circa i galeoni inglesi della fine del XVI secolo: il castello di prua aveva un solo ponte e lo scafo aveva in genere genere una linea più bassa e slanciata. Gli olandesi, infine, raggiunta nel 1648 la loro unità nazionale, crearono un tipo di Galeone il cui albero di trinchetto era posto anteriormente al Castello di prua, mentre le sovrastrutture erano più basse e più sobriamente decorate. Nei galeoni, le perfezionate colubrine da 18 libbre (calibro 133 mm, lunghezza vola 50 m) formavano la prima batteria, in numero di circa 20, sfalzate a causa della limitata larghezza del ponte inferiore. Una seconda batteria di semi-colubrine da 9 decimi di libbre, era posta disposta sul ponte di coperta. Cannoni minori brandeggiabili occupavano cassero e castello.
L’equipaggio, circa 300 uomini, mangiava e dormiva nei ponti inferiori, mentre capitano ed ufficiali alloggiavano a poppa. Il Galeone fu veliero sia militare che mercantile, e come tale altrettanto potentemente armato. Verso la metà del XVII secolo, per far fronte alle nuove esigenze della guerra sui mari, si evolse verso uno scafo meno ornato, similmente al più efficace e potente Vascello di linea. Il galeone nacque in effetti dall’esigenza di sostituire la caracca con una nave più grande che riunisce in sé velocità e manovrabilità. Sul Galeone venne ridotto il numero dei fanti imbarcati, i quali costituivano a volte la maggior parte degli uomini presenti a bordo. Sì potè così ridurre l’ingombro degli alti castelli di prua e di poppa, nati per dar ricovero ai soldati imbarcati.
Tali sovrastrutture, con le loro solide e massicce linee costruttive, costituivano infatti un ostacolo alla spinta propulsiva del vento. Aumentarono così e si perfezionarono le prestazioni della nave sotto vela. A tal proposito risulta preziosa la testimonianza dell’ ammiraglio britannico Lord William Monson, che da giovane prese parte alle operazioni navali condotte contro i galeoni spagnoli dell’Invincible Armada; parlando infatti delle grandi caracche dell’epoca di Enrico VIII, Monson sottolineò il fatto che le flotte reali di quell’epoca non ebbero mai a compiere un vero e proprio viaggio, poiché le navi non si trovarono mai così lontane da terra da non potervi far ritorno, con vento favorevole, nel giro delle 24 ore, laddove gli altri, non si aspettavano certo di vedere la costa inglese prima di 4,5 o 6 mesi, e molte volte anche di più. L’Inghilterra non fu, all’inizio, all’avanguardia nella costruzione del galeone, preceduta per qualità tecniche e nautiche, dall’Olanda prima e dalla Francia poi.